sabato 9 febbraio 2013

Django, la Recensione

Funky Spaghetti 

"Adesso che mi ci fai pensare, i nostri due film 
non c'entrano proprio niente l'uno con l'altro"
Un uomo barbuto si presenta alla porta del club più esclusivo della città, al suo fianco un nero - vestito elegante - che afferma di essere suo socio. I due sono accolti da una schiavetta nera acconciata da bambolina, che sorride ammiccante mentre gli accompagna verso le scale. Passano di fronte a una sala dove diversi gentiluomini si sono seduti a cena, facendosi servire da altre negrettine servili. Ma ai due protagonisti non interessa il sesso, essi sono intenzionati verso gli affari; salendo al primo piano gli viene concesso l'accesso al locale più privato di questa decadente casa: la sala dei combattimenti

Qui, due Mandingo - schiavi neri da combattimento - sono avvinghiati in una lotta brutale evidentemente già in corso da tempo; i loro corpi sono segnati da graffi, lacerazioni e morsicature. Entrambi sono ricoperti di sudore e di sangue, ma uno sta visibilmente cedendo alla forza dell'altro. Dopo qualche minuto è sconfitto ed è a terra. Uno degli astanti - uomini bianchi vestiti all'ultima moda cittadina - dà un martello in mano al vincitore, la sua richiesta è chiara: deve mettere fine alla vita del perdente.

La scena di qui sopra è forse, se non quella più brutale, decisamente una delle più sconfortanti dell'ultimo film di Tarantino. Mostra una totale mancanza di empatia verso il prossimo in uno mondo non poi così distante dal nostro. L'idea che degli uomini possano essere stati trattati come galli da combattimento è abbastanza da far perdere a qualunque spettatore quel briciolo di speranza nell'umanità che forse ancora possedeva. Il regista ci pugnala al cuore, ci mostra la faccia più sudicia dell'animale che chiamiamo uomo.

E lo fa mostrandoci un elemento della schiavitù - questi mandingo - che nella realtà non è mai esistito!


Perché raccontare la realtà storica
quando puoi citare filmacci degli anni '70?
Il film di sopra è una produzione del 1975, una pellicola ad alto budget basato su un romanzo scabroso degli anni '50 - la storia di uno schiavo lottatore che si sbatte la moglie del suo padrone, mentre quest'ultimo ne stupra la compagna. Ambientato sullo sfondo del sud schiavista, Mandingo ne sfrutta le potenzialità nefaste al massimo: descrivendone (e, nel caso della versione filmica, mostrandone) le più violente violenze sessuali e più brutali abusi fisici. Fra le scene più "memorate", abbiamo quello del medico di piantagione che consiglia al padrone di deflorare una giovane schiava perché "in calore", e il momento in cui il Mandingo del titolo - scoperta la sua tresca dopo la nascita di un bambino nero dalla padrona bianca - viene bollito vivo in un caderone, con la testa tenuta sotto l'acqua con una forca!

E' chiaro che non parliamo di grande cinema qua, bensì di exploitation. Quel genere di film che utilizza una patina morale di "denuncia" per giustificare la necessità di buttare sesso e violenza sullo schermo. Di film del genere ce n'erano stati a bizzeffe, sopratutto a partire dagli anni '60 fino alla fine del "periodo d'oro del trash" negli anni '80. Uno dei primi era stato Mom and Dad (che usava il camuffamento "film educativo sulla sessualità adolescenziale" per eccitare i suoi spettatori con la promessa di scandalose storie di fornicazione), e uno dei più famosi è tuttora Ilsa la belva delle SS (un campo di concentramento Nazista diventa lo scenario perfetto per dare sfogo alle tendenze BDSM del pubblico). Ma rispetto a questi due, comunque realizzati con budget piccolissimi, Mandingo aveva il vanto di essere una produzione dedicata al pubblico di massa - ragione che lo ha portato a essere uno dei film preferiti da Quentin Tarantino.

"Perché mi piacciono soltanto film di merda.
Fa parte del personaggio."

Quindi, ricapitolando: la scena del combattimento tra Mandingo vorrebbe essere una citazione di un film degli anni '70 (ricordato oggi quasi soltanto perché il critico Roger Ebert gli diede zero stelle), e non soltanto - i combattimenti tra Mandingo non sono mai esistiti

Di efferatezze sudiste sotto lo schiavismo ce ne sono state parecchie, ma quello di far combattere neri fino alla morte in bordelli di alto borgo non ne è mai stato uno. Il che d'altronde è anche logico: gli schiavi costano, e uno schiavista ne guadagna molto di più a fargli lavorare fino alla morte per più anni, piuttosto che buttarli in una lotta gladiatoria dall'esito incerto. D'altronde, gli stessi gladiatori Romani, addestrati a suon di ori, molto raramente venivano fatti combattere all'ultimo sangue (quest'ultimo ruolo, per te che conosci la storia, ricorderai che veniva affidato ai condannati a morte). Semplicemente, far combattere i Mandingo fino alla morte non ha senso.

E questo è un grosso problema, perché da un film sullo schiavismo ci si aspetterebbe un certo grado di rispetto storico, dopotutto è uno dei momenti più bui della storia Americana - una pagina talmente vergognosa che tuttora sono pochi i film che hanno osato mostrarne sinceramente le brutalità. Se uno spettatore invece si ritrova un film che mischia la realtà storica a quella trash - come può sapere dove finisce l'invenzione? 

Saputo che i Mandingo sono una falsità, come posso sapere se lo sono anche "la scatola di ferro", le castrazioni o la Frenologia? Questi ultimi tre elementi sono tutti reali, ma ritengo che la loro condanna abbia meno impatto quando mischiato al desiderio di citare pellicole le quali, qualcuno lo deve pur dire, Tarantino fa finta di amare soltanto per fare il bambino moccioloso che ha visto più film di te.

Te questo film l'hai visto?
No? beh, allora puzzi.
Forse ti potrà stupire scoprire che, nonostante tutto quello che ho scritto sopra, io sia un estimatore di Tarantino. Ho amato praticamente ogni suo film (sì, anche Deathproof - nonostante lui stesso ormai sembri considerarlo il suo film meno bello) e lo ritengo uno dei simboli più forti della mia generazione - decisamente non saprei immaginare la mia adolescenza senza quel poster di Pulp Fiction alla parete. Ma questo non significa che debba essere protetto dalle mie critiche, e ne ho qualcun altro proprio per quanto riguarda la storia:

Django Unchained ha decisamente molto di più da spartire con il genere exploitation piuttosto che col genere spaghetti western da cui ruba il suo titolo - in particolare trae ispirazione dai film di Nigger Charley, dove Fred Williamson interpretava uno schiavo fuggiasco che diventa un temuto pistolero nell'Ovest Americano. 

Il film con Jamie Foxx segue più o meno la stessa andatura, almeno nella prima parte: Django è uno schiavo che viene liberato dal cacciatore di taglie King Schulz (Christoph Walz, simpaticissimo ma anche molto reminiscente del suo ruolo in Bastardi senza gloria, tanto che comincio a temere che sappia recitare in un modo solo) per poterlo meglio informare su alcuni malviventi rifugiatosi su una piantagione. I due diventano collaboratori e si dividono le taglie da uomini liberi.

La seconda parte del film si concentra invece sulla liberazione della moglie di Django (tale Broomhilda Von Shaft. Sì, quel Shaft, pare che ne sia la bisnonna) dalla piantagione di Candyland, dove un Leonardo Di Caprio estremamente divertito nel ruolo del cattivo Calvin Candy la tiene come concubina. Ed è questa seconda parte a fare maggiormente le veci al film Mandingo di cui ho parlato sopra.

Un film in due parti, quindi, ma che trova estrema difficoltà nel riuscire a formare un insieme: mentre Schulz ha ogni motivazione per comprare e liberare Django nella prima metà (per trovare gli uomini a cui dà la caccia), non ne ha altrettanto per aiutarlo nella liberazione della moglie - o almeno non ne ha uno che va oltre il "Broomhilda è lo stesso nome di un personaggio popolare tedesco". La sua motivazione è talmente inesistente che lo stesso Candy commenta di non capire assolutamente perché lo aiuti. Chiaro caso di autore che vede il neo, ma preferisce ironizzarci.

E perché non risolverli, i difetti,
invece che renderli evidenti?!?

Quindi, un film in due metà dove ognuna ha difficoltà a collegarsi con l'altra, e dove entrambe le sezioni sembrano essere a loro volta formate da episodi individuali a sé stanti; a questo si aggiungono una serie di scene decisamente inutili ai fini della storia (seppure divertenti, come quella del Klu Klux Klan), e infine la scena a mio avviso peggio diretta e peggio sceneggiata di tutta la carriera di Tarantino (per chi l'ha visto, gli schiavisti Australiani).

La conseguenza di tutto questo è un film stranamente impacciato, e anche un po' faticoso da vedere - tanto che le tre ore si sentono tutte e si esce dal cinema un po' stanchi e un po' insoddisfatti. 

Proprio come lui dopo essersi
masturbato in un calzino

Volendo tirare le somme, Django è un film che con lo spaghetti western c'entra davvero poco: al di là del titolo e del cortese cameo di Franco Nero, è un film puramente exploitation; diviso in due parti, si ispira a the legend of Nigger Charley nella prima, e a Mandingo nella seconda. 

E nel guardarlo, ho avuto sempre più la sensazione che non gli interessasse neppure parlare seriamente di razzismo. La schiavitù sembra servigli soltanto come modo per scioccare lo spettatore, la cui sete di sangue celluloide trova giustificazione nella propria superiorità morale rispetto ai personaggi sullo schermo. 

L'exploitation è un sottogenere affascinante, che ho guardato e apprezzato molto anche a mio tempo - il fatto che Tarantino abbia voluto fare un film moderno che si ispirasse a quelli di quarant'anni fa non mi dà particolare fastidio. Quello che invece mi disturba è il sentire persone che ritengono sia invece un film seriamente anti-schiavista.

Non lo è, dopotutto non è neanche storicamente ricercato. E' soltanto una provocazione, e come tale è anche una delle sue più mediocri. Vuoi sapere se l'ho apprezzato? Sì, l'ho apprezzato. Vuoi sapere se mi sono divertito? Certo che mi mi sono divertito.
Ma se mi chiedi se sono disposto a promuoverlo - mi spiace. Ci ho messo due settimane a venire a capo, ma alla fine ho capito e accettato di dover fare qualcosa che non avevo mai fatto con alcun suo film precedente.

Bocciato.

3 commenti:

  1. Perchè non apprezziamo il (successo) tentativo di far rivivere questo genere dopo anni di decadenza?
    http://cinediari.blogspot.it/2013/01/django-unchained-tarantino-rilancia-il.html

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  2. Purtroppo, il genere Western è ormai del tutto morto - e non c'é film di Tarantino che lo possa riportare in vita. Sopratutto, se quel film NON è un western, bensì un Blaxploitation.

    Comunque, ho dao un'occhiata al tuo blog e mi è piaciuto parecchio, se sei interessato a uno scambio di link sono disponibile :-)

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